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Ma qual’è l’origine del panettone artigianale?

Il filosofo Pietro Verri, nell’ambito della sua opera Storia di Milano, dettaglia un’antica usanza che nel IX secolo sembrava entusiasmare le feste cristiane pertinenti al territorio milanese: “Il giorno del Santo Natale i padri di famiglia distribuivano, sin d’allora, i denari; acciò tutti potessero divertirsi giuocando. Si usavano in quei giorni dei pani grandi; e si ponevano sulla mensa anitre e carni di maiale; come anche oggidì il popolo costuma di fare”.

Nel corso del XV secolo, stando al decreto degli antichi statuti, ai fornai impegnati ad impastare il pane dei poveri nelle botteghe milanesi (pane di miglio, detto pan de mej), era vietato produrre il pane dei ricchi e dei nobili (pane bianco, chiamato micca).

A questa regola però si applicava un’unica eccezione, corrispondente al giorno di Natale, quando sia aristocratici che plebei potevano consumare il medesimo pane, regalato loro dagli stessi fornai. Questo veniva denominato pan di scior o pan de ton, ossia pane di lusso, di puro frumento, condito con burro, zibibbo e miele.

La testimonianza più arcaica di “pani grossi” realizzati con burro, uvetta e spezie, può essere ripristinata dal registro delle spese in seno al collegio Borromeo di Pavia del 1599: il 23 dicembre del 1599, all’interno dell’elenco delle portate pensate per il pranzo di Natale, appaiono anche le spese per 5 libbre di burro, 2 di uvetta e 3 once di spezie, necessari per confezionare 13 “pani grossi” da inviare il giorno di Natale ai collegiali.

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